Notturno dei pastori di Guido Carretta

Notturno dei pastori di Guido Carretta

(RACCONTO DI NATALE)

Era successo qualcosa.

Un suono strano, insolito. Forse una luce improvvisa.

Qualcosa.

O, forse, stava per succedere.

Il tedesco aprì un occhio.

Era, da sempre, abituato a una specie di dormiveglia, sempre all’erta, un orecchio pronto a cogliere anche il minimo rumore che fosse diverso dall’abituale sottofondo.

E questo, in molte occasioni, si era rivelato provvidenziale.

Si guardò intorno.

Era una notte limpida e fredda. Migliaia di stelle.

Si alzò, si stiracchiò, si grattò la schiena. Si guardò ancora intorno. Annusò l’aria.

Il capo era sempre lì, immobile, addormentato vicino al fuoco. Le pecore dormivano strette, una accanto all’altra.

Nessun rumore. Solo il secco crepitìo del fuoco che si stava piano piano spegnendo.

Eppure era successo qualcosa. Glielo diceva l’istinto, e il suo istinto non sbagliava mai.

Mosse alcuni passi per sgranchirsi le gambe. Poi guardò il cielo. Sentiva una specie di richiamo che veniva da lassù, qualcosa che non riusciva a spiegare ma che lo attirava.

Qualcosa di strano

– ‘O Fritz! Icché tu ‘ffai costì?

Eccolo. Era arrivato l’italiano, anzi il maremmano, come diceva lui.

Che poi che differenza ci fosse tra italiano e maremmano, questo il tedesco non lo sapeva proprio.

Ma nemmeno gliene importava.

– Te tu ‘un ti riesce di dormire?

– Non senti, idiota? C’è qualcosa di strano nell’aria! È successo qualcosa!…E te l’ho detto mille volte di non chiamarmi Fritz,vuoi che ti stacco un orecchio? Mi chiamo Wolf!

Il maremmano annusò l’aria, fece due passi intorno, poi si riavvicinò.

– Te tu a’ ragione, Fritz. Te tu a’ proprio ragione, c’è qualcosa di strano!

– Lo so che ho ragione, idiota! Non serve che me lo dici tu!

Il maremmano si strinse nelle spalle, poi guardò il tedesco con aria interrogativa.

.- Icché si fa ora? Si va a vedere in giro?

Il tedesco tacque per qualche minuto. Aveva bisogno di riflettere.

– Vai a chiamare quell’altro italiano – disse infine.

– Chi, Bergamo? Non è italiano.

– Non è italiano?

– No, lui dice che si chiama Berghem e che non è italiano.

– Italiano, francese o arabo che sia, vai a chiamare quell’idiota che starà ancora dormendo!

Il maremmano partì al galoppo urlando: “Bergamo, Bergamoooo!” mentre Wolf  scuoteva il capo sconsolato. Già la vita del pastore era dura: fatica, notti all’addiaccio, mangiare poco e male, Ma come faceva a sopportare per giunta una simile compagnia di idioti? Nessuno che lo ascoltasse, tutti che andavano di testa propria, niente ordine, niente disciplina.

Un vero e proprio casino.

Fece alcuni passi, sempre con l’orecchio drizzato, attento al più piccolo rumore, e si avvicinò al giaciglio di Leon, il belga.

Dormiva.

Lo scosse, una, due volte.

– Che c’è, che vuoi?

– Ascolta! Non senti qualcosa di strano?

Leon balzò in piedi di scatto. Poi rimase immobile, scrutando nel buio.

– Hai ragione… cos’è?

– Non lo so. E’ successo qualcosa, sicuro.

– Andiamo a vedere!

– Un momento, aspettiamo gli altri.

– Gli altri chi?

– Gli italiani. Il maremmano e quell’altro, il cespuglio che cammina.

Leon sorrise.

– Mon Dieu, quello è proprio strano, strano davvero. Non capisco una parola di quello che dice.

Il tedesco sogghignò.

– Eccoli che arrivano!

I due stavano arrivando, con passo veloce. Parlavano fitto fitto tra loro.

– Mòviti, mòviti! Te tu à la leppa al culo?

– Ma và a laurà, brut terun! Capiss nagott! Ma parla come te màjet![1]

– Oh, nini, ma te chi te credi d’esse?

– Tas, rompibale, ‘gnorant![2]

Con un balzo il tedesco si intromise tra loro.

– Volete star zitti, razza di idioti? State facendo un casino che vi fate sentire fino in Italia! Zitti! zitti, idioti!

Tacquero tutti. Si sentiva solo il lieve rumore del vento che soffiava. Faceva molto freddo adesso.

Fu allora che la videro.

Questione di pochi istanti.

Una luce improvvisa, intensissima. Una specie di palla di fuoco. Una freccia luminosa che attraversò il cielo da destra a sinistra, illuminando tutto, quasi fosse pieno giorno, per scomparire poi, dopo qualche attimo, dietro la collina.

Senza il minimo rumore.

Poi di nuovo buio. Buio completo.

Solo la luna e le stelle.

Wolf il tedesco fece un gran balzo indietro, digrignando i denti.

– Mon Dieu! – esclamo Leon, immobile, con gli occhi sgranati.

– Pota![3] – aggiunse Bergamo, arretrando lentamente.

– Maremma maiala! Maremma maiala! – urlò il maremmano, partendo al galoppo per andare a nascondersi dietro alcune rocce.

Il campo ora era in subbuglio. Il capo si era svegliato e parlava concitato con altri pastori. Le pecore nel buio ondeggiavano e si spostavano disordinatamente, urtandosi tra loro.

Wolf mormorò a denti stretti a Leon:

– Andiamo ora, andiamo a vedere!

Approfittando della confusione i due si mossero, seguiti da Bergamo e, un po’ più discosto, dal maremmano che chiedeva delucidazioni al suo connazionale, ricevendo, per tutta risposta, solo uno stringato “Adess bisogna propi indà![4]

Non impiegarono molto a giungere alla grotta. Un’ora di cammino, poco più.

Per la strada incontrarono altri gruppi di pastori, con cani e pecore. C’erano anche due cammelli. Tutti camminavano lentamente, nella stessa direzione. Nessuno a guidarli. Solo una luce fioca che si intravvedeva lontano, alla base della collina.

Wolf riconobbe diversi volti noti. C’era quel gruppo dei pastori della Galilea e quegli altri, quelli che venivano dalla Siria. C’era Aziz, il fabbro, e anche il fornaio. E c’era quell’uomo di cui non sapeva il nome, quel medico che gli aveva curato la brutta ferita al torace che si era procurato l’anno scorso, cadendo sulle rocce.

Giunsero infine alla meta. La grotta era una piccola cavità naturale, ai piedi della collina, rinforzata con dei pali che ne sbarravano parzialmente l’accesso. I pastori la utilizzavano, a volte, come riparo per loro e per gli animali quando le notti diventavano troppo fredde per dormire all’aperto.

Troppo fredde, proprio come stanotte.

Davanti all’ingresso si era radunato un piccolo gruppo di persone.

– Che strano .- pensò il tedesco – Di solito sono sempre che parlano, parlano, parlano, anzi gridano, e fanno un gran baccano. Stasera invece se ne stano tutti zitti, zitti. Qualcuno s’è pure inginocchiato!

I quattro entrarono nella grotta, sgattaiolando silenziosi tra la gente.

All’interno c’erano poche persone.

C’era una donna. C’era un uomo.

E poi un asino e un bue.

Solo una tenue luminosità rischiarava la grotta ma non c’era nessun fuoco. La luce veniva da una mangiatoia, posta sulla parete in fondo. La donna e l’uomo la guardavano assorti.

Anche l’asino e il bue chinavano il loro capo sulla mangiatoia. Wolf poteva vedere molto bene il fumo del loro fiato nel freddo della notte.

Il tedesco e Leon avanzarono molto lentamente, intimiditi, e sporsero il muso sul bordo della mangiatoia, subito imitati da Bergamo e, poco dopo, dal maremmano.

– L’è ‘n cittino! Un bambino! – esclamò quest’ultimo, scodinzolando.

– Mon Dieu! – mormorò Leon, fissando con gli occhi spalancati quel piccolo bambino che non piangeva, come fanno tutti i bambini, da che mondo è mondo, ed emanava una luce e un calore mai visti né sentiti.

Bergamo alzò la testa e recitò tutto compreso:

Desember, che gran poesia

  Ol mond l’è piè de magìa

  A ‘l nass al Bambi in de cuna

  l’è chè per portà amùr e furtuna[5]

Wolf invece non disse niente. Continuava a guardare incantato quel piccolo d’uomo. Il piccolo volse lo sguardo su di lui e gli sorrise.

E Wolf non sentì più il freddo. Non sentì più il sonno e nemmeno la stanchezza. Aveva una strana sensazione  di calore e di gioia.

Una sensazione mai provata.

Si guardò intorno, eccitato, senza capire cosa stesse succedendo. Perché non sentiva più freddo? 

Guardò fuori.

Aveva cominciato a nevicare. Silenziosamente.

© Guido Carretta

WOLF, detto FRITZ (PASTORE TEDESCO) è un cane dal carattere equilibrato, con nervi saldi e un’indole tranquilla, ma di grande tempra e coraggio, doti queste che lo rendono adattabile a tutti gli impieghi, dalla guardia alla difesa, dalla pastorizia all’accompagnamento.


© Guido Carretta

LEON (PASTORE BELGA) è un cane sempre pronto all’azione, ricco di vitalità, con un carattere sicuro, senza paura né aggressività. E’ estremamente versatile nei compiti più svariati: per la guardia, la difesa, la guida per non vedenti, la compagnia e, naturalmente, la pastorizia.

© Guido Carretta

BERGAMO, detto BERGHEM (PASTORE BERGAMASCO) è un cane equilibrato, sensibile e ubbidiente. Nella famiglia identifica il gregge, o comunque la comunità, di cui ama tenere uniti i membri. È un ottimo compagno e guardiano. Pur se molto protettivo non è però mai morbosamente possessivo.

© Guido Carretta

IL PASTORE MAREMMANO è un cane dal temperamento molto forte e indipendente. Come cane da pastore mostra un profondo attaccamento al padrone mentre è schivo e diffidente verso gli estranei, anche se non esprime mai un’indole troppo aggressiva.


Note:

[1]
      Ma apprestati a qualche attività più produttiva, sciocco sconsiderato! Non comprendo affatto quanto affermi! Esprimiti in un modo maggiormente intelleggibile!

[2]     Azzittisciti, essere molesto e scarsamente acculturato!

[3]     Acciderba!

[4]     Ora è d’uopo incamminarci!

[5]          Dicembre, che gran poesia / Il mondo è pieno di magìa / Nasce il Bambinello nel suo giaciglio / E’ giunto a noi per recare amore e fortuna

Motivazioni della giuria

Il racconto inizialmente lascia un po’ perplessi, causa il titolo in qualche maniera ambiguo. Man mano che si dipana la trama, originale e supportata da un’ottima scrittura, si comprende quali siano realmente “i pastori” presenti nel titolo. L’autore fornisce un originalissimo punto di vista della notte della natività, non privo di qualche spunto divertente nella scelta di far “parlare” i personaggi del racconto con accenti dialettali o di lingue straniere. Il punto di vista è quello dei cani da pastore che accompagnano le greggi i pastori che si dirigono a Betlemme per assistere alla natività.

Un racconto ben scritto, originale e che ha riscosso un giudizio fortemente positivo da parte di tutta la giuria meritando la vittoria.

Primo premio: targa e pubblicazione nel libro La fabbrica delle parole. Scuola di scrittura come scuola di vita in uscita nel 2023 con la casa editrice La Mongolfiera.

Biografia di Guido Carretta

Guido Carretta

È nato a Mansuè (TV) il 25 dicembre 1954 ed è laureato in Medicina e Chirurgia con la specializzazione in Radiologia.

Chitarrista, cabarettista e disegnatore a tempo perso, oltre a numerose pubblicazioni scientifiche in ambito radiologico, ha illustrato con le sue vignette satiriche il libro di viaggio Costa quel che costa di Emilio Dalmonte ed il Manuale di grafologia di Carlo Chinaglia. È coautore con Tullio De Nicola del libro Il mio nome è Giulio Dulto – Anche la burla ha il suo fascino Arnaldo Curcio Editore (2017).

Nel 2012, 2013 e 2016 è stato premiato al concorso internazionale di vignette umoristiche “Spirito di vino”.

Il pensiero di 3 su “Notturno dei pastori di Guido Carretta

  1. Decisamente al bravo Guido carretta , nato un 25 dicembre, il tema della Nativita’ deve essere stato di grande ispirazione. E’ un racconto certamente ben scritto in cui l’autore riesce magnificamente nell’intento di confondere inizialmente il lettore non rivelando in modo esplicito l’identita’ dei quattro protagonisti. Quando, verso il finale, si chiarisce l’arcano, e ormai il lettore si sta chiedendo dove questo manipolo voglia andare a parare, ecco che il fatto che i protagonisti siano dei cani spiega tutto : l’istinto, i sensi amplificati, l’attenzione massima ad ogni mutamento.
    Che sono si’ caratteristiche di tutti i cani (vorrei dire di tutti gli animali), ma in particolar modo di queste razze.
    A corredo del racconto i quattro bellissimi disegni sono certamente un valore aggiunto che rende il racconto ancora piu’gradevole e completo.

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